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Di solito quando non lavora (ma anche - ogni tanto - quando lavora: il suo capo è uno comprensivo) legge.
Siccome ha studiato il greco antico per dieci anni, non disdegna qualche capatina nella filologia classica, se l'occasione lo richiede.

domenica 16 maggio 2010

"Educazione siberiana", di Nicolaj Lilin

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Pareri contrastanti e fenomeno mediatico. Interviste, ospitate, tante parole. Peccato, ci viene da dire. Così ci si è rovinata la lettura, persa nell’idea secondo cui, PER FORZA, ce ne dobbiamo fare un’opinione. Quindi, morale della storia, o sei con lui, o sei contro di lui. Un fenomeno editoriale? Tante verità fittizie messe assieme così per caso? Uno spaccato di gioventù criminale con cui fare i conti? Chi lo sa.

Ad ogni modo, a noi questa Educazione Siberiana ha fatto venire in mente quelle vecchie storie che ascoltavamo quando eravamo ragazzi.
Quando, a scuola, la maestra invitava i nonni reduci della Seconda Guerra a parlare della prigione o dei bombardamenti, e noi li ascoltavamo in silenzio, un po’ intimiditi, seduti al banco con le braccia conserte. E ne uscivamo intorpiditi, con la mente invasa da immagini e colori e felicità e disperazioni, quando la mattina si era già fatta mezzogiorno e per una volta non ci eravamo resi conto del trascorrere del tempo.
Il ritmo narrativo è lo stesso, un tempo lungo, lunghissimo, antico, monotono e cantilenante, una storia nella storia, ogni accenno o digressione utile per un racconto parallelo che si intesse e si incastra nel precedente e nel successivo senza soluzione di continuità. (Astenersi chi cerca avventura e suspance alla maniera delle spyfictions made in USA).

Così erano le storie, quando ancora non c’era la televisione, a monopolizzare le nostre serate. Forse erano veritiere, forse un poco idealizzate; probabile, anzi, perché l’arte del ricordo è poesia soggettiva e di mutevole pensiero.
Eppure, erano queste storie a illuminare il nostro passato, a tenere la via libera dalla polvere della dimenticanza, quella strada sconnessa che congiunge il nostro passato – qualsiasi esso sia – con il nostro presente e con il futuro che verrà.

In questo senso non possiamo permetterci di definire questo ragazzo classe 1980 quale “erede di Saviano”. Tutto ci può stare, tranne che etichettare Educazione Siberiana come un libro documentario o un manifesto di denuncia. E’ semplicemente un ricordo, un rimembrare di tempi passati alla maniera dei vecchi cantastorie, inestimabili rappresentanti di tutte le culture e di tutti i tempi.

Con tutte le differenze del caso, viene da pensare che Educazione Siberiana sia un po’ il prodotto del nostro tempo alla stessa maniera in cui lo sono stati i versi dell’Iliade e dell’Odissea.

Lungi dall’essere considerate vicende reali, queste due opere monumentali venivano recitate e ascoltate in parte per il puro piacere della narrazione (di una potenza enorme, ipnotica e violenta, grazie all’uso dell’esametro: una metrica dotata di una purezza stilistica estrema, che dava alla narrazione quel ritmo lungo del respiro che ben si adattava alla recitazione, alla riflessione e alla meditazione, ma che, proprio per questa intima circolarità, offriva la possibilità di un distacco totale dall’analisi della forma a favore di una fruizione totale sul contenuto), ma anche – si diceva – quale testo didattico e di riflessione morale.

Le divinità dei poemi epici non sempre corrispondono alla nostra idea di Entità Soprannaturale: accanto a figure mitologiche di grande spessore morale, troviamo anche creature capricciose e vendicative, abituate ad ottenere tutto il richiesto senza porsi troppi problemi in fatto di etica e giustizia.

Allo stesso modo, non tutti i protagonisti (comprimari e no) dei poemi omerici sono cavalieri senza macchia e senza paura: ci si imbatte in animi malvagi, personaggi ambigui e bugiardi, assassini e mentitori di professione. E anche gli eroi veri sono Uomini a tutto tondo che sbagliano, soffrono, maturano e attraverso questo percorso di vita creano la propria strada e influenzano quella degli altri.

L’esempio offerto da questi uomini di valore (ricordiamo l’epiteto qualitativo che compete ad Odisseo: “colui che ha molto sofferto”, colui che ha molto sopportato: gli sbagli degli altri, le vendette umane e divine, ma anche le proprie debolezze interiori), ovverosia il rispetto che mostrano verso la propria terra, verso i propri vecchi, i progenitori e antenati, quello per le proprie donne, figli e famiglia, offre ai giovani un’autentica mimesi che travalica epoche e culture.
In questo senso i poemi omerici erano, per la gioventù, testi didattici e filosofici - oltre che, per altro, validi “manuali pratici” che insegnavano, in maniera semplice e tradizionale, le arti manuali delle armi, della pittura, della navigazione e della vita quotidiana.

Nessuno può contestare la violenza sanguinaria insita in Educazione Siberiana, o una visione a tratti parziale che tende, in certi punti, ad un velato tentativo di auto-giustificazione (tirando in causa assetti di geopolitica che meriterebbero un’analisi a parte). Occorre, crediamo, verificare il fine a cui tende tutto ciò e che travalica in parte il contenuto del testo.

Notevole l’idea della forma italiana del testo: è evidente l’operazione di editing (soprattutto per quanto riguarda forme complesse della lingua, quali consecutio e congiuntivi) che tuttavia non altera l’immediatezza di fondo e il trasparire di una visione semplice e imperfetta del vissuto quotidiano propria di un giovane poco più che adolescente. 

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