In un mondo in cui sempre più spesso
parlare di “nazionale” equivale a dire “provinciale”,
#iocheamosolote ci ricorda, un po' controcorrente, che la regionalità
– sia di abitudini, sia di lingua - è caratteristica peculiare
della nostra penisola (non fosse altro che per un paio di avvenimenti
storici passati) e andrebbe salvaguardata e difesa con la stessa cura
che il WWF riserva all'Ailuropoda Melanoleuca.
Per non parlar poi, appunto, della
questione linguistica, uno dei tratti più caratterizzanti della
letteratura italiana del Novecento: questo fatto del bilinguismo
endogeno, che ci portiamo dietro al pari delle nemesi storiche di cui
sopra e che ha influenzato la produzione letteraria di tutti gli
esponenti del mondo della cultura italiana del secolo.
Sicché la cronistoria dello sposalizio
di Chiara e Damiano – lei, la figlia venticinquenne della sarta più
brava del paese, lui, il rampollo di Don Mimì Scagliusi, “re delle
patate” (si, proprio campi e campi di patate, esportate in tutto il
territorio nazionale e pure oltre): un banale matrimonio (sempre che
possa esistere, poi, un matrimonio “banale”) contemporaneo
(italianissimo fino al midollo, per di più, data la “piena ...regionalità” dell'evento) pieno zeppo di tutte quelle
implicazioni, trame sottese, imprevisti, fraintendimenti, commedie
degli equivoci, scoop rivelatori etc etc che caratterizzano le nozze
di chiunque - diventa un pretesto leggero e sottile per parlar di
tutt'altro.
Delle bellezze un po' selvatiche
dell'Italia che muore, per esempio, naufragate nel mare magno e senza
vento dei tour organizzati:
“(...) era convinta che solo a
Polignano ci fosse quella luce fatta di rocce e di blu” (p32)
“Chi è nato su uno scoglio lo sa: il
mare ha sempre una risposta e una carezza per te” (p207)
“Non c'erano strappi al paesaggio,
interrotto qua e là solo da qualche muretto a secco. L'unico
elemento belligerante era il vento, (…) Da un lato, gli ulivi si
attorcigliavano su se stessi con le loro storie secolari” (p63)
“(...) poi lunedì finalmente si
parte per la crociera. (…) C'imbarchiamo a Bari e facciamo tutto il
Mediterraneo. Io volevo andare alle Maldive ma Damiano sulle tratte
lunghe ha troppa paura dell'aereo, mannaggia a lui, che i suoi ci
pagavano il viaggio anche in Australia, se volevamo andare”
(p87-88)
Delle tradizioni locali perdute e
sostituite da accrocchi internazional-popolari mal digeriti (cielo,
in tutti i sensi!) che lungi dal nobilitare il desco, lo rendono
pacchiano e stucchevole, omologante e omologato:
“Grand Buffet di Antipasti: Crudo di
Mare / Cozze Gratinate / Sushi Rivisitato / Ostriche al Gratin,
Tempura di Verdure / Gamberi Croccanti / Calzoncini di Ricotta /
Rombini al Groviera / Polpettine / Mozzarelline alla Milanese / I
salumi del buongustaio con delizie del casaro / Caponatina leggera di
zucchine / Crudité di verdure.
Il gran buffet di antipasti era un
trionfo di abbondanza e varietà, frutto di una trattativa quasi più
estenuante della scelta della sala (…) L'unica scelta all'unisono
era stata il Crudo di Mare, perché dava prestigio al menu. Il resto
fu il risultato di lunghe meditazioni, in cui misero bocca tutte. (…)
Ognuna ebbe la sua piccola vittoria: Matilde portò a casa le
polpettine; Ninella le mozzarelline alla milanese per impressionare
zia Dora; Chiara il sushi rivisitato perché le piaceva l'idea della
rivisitazione; Nancy le crudité di verdure per avere qualcosa di
francese e ipocalorico. Il risultato fu un menu ^un po' incoerente^
come provò a dire il direttore di sala, che appena vide le loro
facce subito si corresse: ^Incoerente ma decisamente interessante!^”
(p167)
O degli effetti della globalizzazione
specie sulle nuove generazioni – lungi dall'autore l'intento
didattico / moralista, per carità – oramai assuefatte a una certa
mitologia spiccia di eroi da tubo catodico – dal Grande Fratello a
XFactor, passando dal (N)espresso Clooneiano – tanto da non
riuscire più a costruirsi addosso una propria identità in primis
personale, ma poi neanche culturale.
“Mi sono arrivate le cialde con tutti
i gusti. (…) All'amaretto o alla vaniglia speziata?” (p77)
“Regàle, come gli aveva consigliato
lui: - Pensa sempre a Kate Middleton -” (p148)
“Nella sua mente, il presentatore
gridava al microfono: - Viene da un piccolo paese della Puglia... ma
ha conquistato l'America... con il suo disco d'esordio ha scalato
tutte le classifiche... ha venduto milioni di dischi nel mondo...
Aretha Franklin l'ha definita la sua unica erede... ecco a voi la
nuova regina dell'R&B... la Whitney Houston del Tavoliere...
ladies and gentlemen... Nancy Casarano! -” (149)
“Nancy Casarano, per te Xfactor
finisce qui” (p149)
“Il bacio al ralenti sugli scogli
venne interrotto da un grande Hip Hip Hurrà!, che coprì il
sottofondo di My Heart will go on” (p192)
Salvaguardare e difendere, va detto,
deve funzionare come con la pratica del retwitt – which is not
endorsement. Se da un lato la così vituperata provincialità
italiana regala cammei che ci strappano un sorriso lieve di delicato
affetto, autoironia e disincanto, e che raramente troviamo in altri
luoghi e in altri laghi (mi viene in mente soltanto quel genio della
Rowling, al momento), dall'altro ci ricorda, sempre attraverso le
parole di LBianchini, qualcosa di più profondo e meno romance:
“Se nella vita
non vorrai avere problemi, gli uomini lasciali comandare, o almeno
lasciaglielo credere. L'amore è innanzitutto non rompere i coglioni”
(p25-26)
Così, il sorriso
che ci prende leggendo le prime pagine di #iocheamosolote si tinge di
amaro. Ma è un amaro che
fa bene, perché spronandoci a fare meglio, attraverso anche una sana
autocritica, profuma (ancora e nonostante tutto) di speranza.
Buona lettura :)
Official hashtag: #iocheamosolote
E se vi fa piacere, continuate a seguire le nostre #LBianchiniquotes, che tanti amici (che ringraziamo) hanno retwittato
Nessun commento:
Posta un commento