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Guardate, spulciate, leggete a piacere: qui si scrive per voi. Di libri.
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Qui, di opere, ne troverete alcune. Lette e poi schedate per "modalità di lettura" (veloce, lenta, frazionata, continua...); utilizzando le etichette cercate quella che più vi piace, quella che più sentite vostra, quella che più si adatta alle vostre esigenze del momento.
Perché, non temete, c'è sempre un libro giusto al momento giusto. Conclusa l'opera, tornate qui: per ogni libro consigliato viene pubblicata una banale guida alla lettura, senza pretese. Si tratta solo di alcune note che si spera possano esservi di aiuto per approfondire, magari solo in parte, le scelte stilistiche dell'autore, i legami sottesi alla trama, la psicologia dei personaggi.
Quindi... Buona lettura! E se avete domande, complimenti, stroncature terribili ... scrivete! info@appuntidicarta.it ADC risponderà a tutti! (O almeno, farà del suo meglio). Trovate ADC anche su Twitter.

Bio: ufficialmente, ADC è una delle tante invisibili e silenziose figure che popolano il vario mondo delle CEO's PA.
Di solito quando non lavora (ma anche - ogni tanto - quando lavora: il suo capo è uno comprensivo) legge.
Siccome ha studiato il greco antico per dieci anni, non disdegna qualche capatina nella filologia classica, se l'occasione lo richiede.

giovedì 17 febbraio 2011

"Appunti di un venditore di donne", di Giorgio Faletti

More about Appunti di un venditore di donne Milano non è per tutti, c'è poco da dire. Ne avevamo già parlato a proposito di "Tiratori Scelti" e "Tangenziali". Per Emmanuele Bianco erano i palazzoni della periferia nord e i quartieri satellite. Per Monina-Biondillo, l'infinito e periglioso cammino lungo via Corelli o il sole che al tramonto illumina le acciaierie dismesse di Sesto San Giovanni. Orgoglio o presunta superiorità poco ci azzeccano, è questione di mera identità geografica.

Per Faletti, Milano è un tempo, più che un luogo. I luoghi, poi, vengono da soli. Milano è quel momento, preciso, perfetto, da cui siamo passati tutti noi, milanesi di origine o di lunga adozione; forse, per scelta o necessità, lo abbiamo soltanto sfiorato, forse invece lo abbiamo vissuto appieno.
Quel momento di sospensione del respiro, in attesa del giro di vento, quando l'alba ha ancora da venire e comincia a specchiarsi nell'acqua del Naviglio, e profuma di aria fresca e cielo chiaro.
Quell'attimo preciso in cui il pomeriggio lascia il posto alla sera, un momento che sa di attesa elettrica, chiacchiere e persone e gente e mete nascoste, da evitare, o da raggiungere.

I luoghi sono quelli di sempre. Brera e le vie intorno, con il Byblos, gli altri locali, la sede del Corriere e quel Classico famoso che qualcuno di noi ha frequentato; i Navigli che sanno di osterie, vino e sapori antichi di nonni operai in fotografie color seppia. I teatri del centro con l'odore di polvere e palcoscenico, i cinema di Corso Vittorio Emanuele quando i multisala erano ancora soltanto un'idea. La Bovisa, i bar malfamati, la periferia più scura e nera.

Questo vorremmo annotarci, di Faletti. Questa esegesi del luogo che rende l'opera quasi privata, dialogo intimo tra scrittore e lettore consapevole. Ma si sa, noi siamo di parte, perché teorici massimi della contestualizzazione assoluta e necessaria, più volte ribadita, e dell'analisi un po' scolastica - e un tantino antropologica - del testo (anche disgiunto dalla trama).
Sicchè si comprende bene lo scartamento di chi, trovatosi di fronte a un thriller sui generis, così diverso dai precedenti, accusa noia e torpore. Quindi, attenzione all'approccio, perché c'è da rifletterci (e si veda quel che capita digitando su Google "D'Orrico - Faletti").

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