"Il mondo dei Sarlat, quello della
finanza e della politica, era il solo in cui fosse ancora possibile
progredire, non ristagnare, intraprendere qualcosa e portarlo a buon
fine. Giacché per il resto... Lavoro non ce n'era da nessuna parte,
né c'era la possibilità, o anche solo la speranza di progredire, di
soddisfare le ambizioni più naturali dell'uomo. A costo di
privazioni inaudite lui aveva ottenuto un titolo di studio il cui
valore era pari al peso della carta sulla quale era stampato" (p60)
"Tutto si mercanteggiava nel segno
dell'amicizia, della fiducia, dei favori dati e ricevuti, e così
facilmente... Con una parola, un sorriso, un'alzata di spalle, degli
imbecilli venivano portati alle stelle, dei ladri perdonati e uomini
senza virtù né intelligenza forniti di laute prebende" (p78)
"Qual era stata l'esca usata da Abel
Sarlat per riuscire a coinvolgere Langon in quelle speculazioni
finanziarie che erano andate così male, che vanno male così
facilmente? ...Con ogni probabilità non c'era nemmeno stata
un'esca... era bastata la leggerezza dell'uomo politico, dell'uomo
importante, viziato dal successo..." (p108)
"Come si affezionavano in fretta,
quegli uomini... Sembravano creati per nutrire e allevare i loro
futuri rivali, o loro nemici. L'abitudine a vivere in pubblico, in
una perpetua rappresentazione, li induceva a dare con facilità non
la loro fiducia, ma le apparenze di una fiduciosa familiarità"(p112-113)
"Nelle tribune della Camera, una folla
immobile, stipata tra le colonne, aspettava le sue star con
silenziosa soddisfazione. Una folla sensibile non tanto alla
precisione o alla profondità delle argomentazioni quanto al tono
della voce, all'efficacia di una parola, di un gesto, di
un'esclamazione" (p119)
Stiamo parlando dell'Irene, che scrive
questo “La Preda” nel 1936 su suggerimento della rivista
“Gringoire”, che poi pubblica il testo a puntate. La trama è
(relativamente) semplice: il giovane Jean-Luc Daguerne, nato da
famiglia povera, accecato dalla sete di riscatto sociale ed
economico, spende la giovinezza alla ricerca del denaro e
dell'affermazione personale nell'unico modo in cui gli pare conveniente, ossia gettarsi a capofitto nel mondo (fumoso e corrotto) dell'economia e della finanza. Finirà sì benestante, ma solo e
corrotto, vittima – no meglio, “preda” - di tutto ciò che non
è stato in grado di apprezzare durante gli anni migliori della vita:
gli affetti familiari e filiali, le bellezze della vita, le amicizie
profonde, uniche e durature, e, soprattutto, l'amore. Poiché la crisi economica crea e modella un
tutto mercificabile la cui
acquisizione, tuttavia, richiede pur sempre un obolo: “Il titolo, La Proie, è emblematico di un periodo in cui tutto, dai sentimenti al benessere, alla dignità, è oggetto di rapina” (OPhilipponat / PLienhardt “La vita di Irène Nemirovsky”, Adelphi 2010 p265).
Curiosamente,
si veda l'articolo a firma Massimo Gaggi su @La_Lettura #73, di
ultima uscita, che abbiamo riportato martedì su Twitter: “Tutto si
vende, anche l'onore”, con sottotitolo “Michael Sander contesta
la dilagante mercificazione dei costumi e dei valori: Posti in fila,
celle singole, uteri: il mercato della nuova società di mercato”.
La
versione completa dell'opera viene data alle stampe nella primavera
del 1938, vende più di diecimila copie (op cit p281) e stupisce i
contemporanei per il vigore del giovane Daguerne (dal carattere
tipicamente “nemirovskiano”) e l'acume stilistico con cui il
personaggio viene dipinto malgrado una certa lentezza e prevedibilità
della trama “a tesi”, che ad alcuni, per altro, risulta
eccessivamente politicizzata. E da parte dei critici contemporanei il
confronto con il protagonista della Nausée,
opera di un “certo” Jean-Paul Sartre e pubblicata nello stesso
anno, viene naturale... ma di risultato non scontato.
Buona lettura :)
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