Chi siamo (e come funziona)

Guardate, spulciate, leggete a piacere: qui si scrive per voi. Di libri.
Di cosa avete bisogno? Un thriller da leggere sotto l'ombrellone? Una commedia di raffinato humour per il fine settimana in campagna? La lettura di quel certo testo che vi incuriosisce tanto (ma che ancora non avete osato acquistare) deve essere di necessità attenta e scrupolosa oppure può adattarsi anche alle cinque fermate di metrò, il tragitto che tutti i giorni percorrete per andare al lavoro?
Qui, di opere, ne troverete alcune. Lette e poi schedate per "modalità di lettura" (veloce, lenta, frazionata, continua...); utilizzando le etichette cercate quella che più vi piace, quella che più sentite vostra, quella che più si adatta alle vostre esigenze del momento.
Perché, non temete, c'è sempre un libro giusto al momento giusto. Conclusa l'opera, tornate qui: per ogni libro consigliato viene pubblicata una banale guida alla lettura, senza pretese. Si tratta solo di alcune note che si spera possano esservi di aiuto per approfondire, magari solo in parte, le scelte stilistiche dell'autore, i legami sottesi alla trama, la psicologia dei personaggi.
Quindi... Buona lettura! E se avete domande, complimenti, stroncature terribili ... scrivete! info@appuntidicarta.it ADC risponderà a tutti! (O almeno, farà del suo meglio). Trovate ADC anche su Twitter.

Bio: ufficialmente, ADC è una delle tante invisibili e silenziose figure che popolano il vario mondo delle CEO's PA.
Di solito quando non lavora (ma anche - ogni tanto - quando lavora: il suo capo è uno comprensivo) legge.
Siccome ha studiato il greco antico per dieci anni, non disdegna qualche capatina nella filologia classica, se l'occasione lo richiede.

domenica 31 marzo 2013

"Prima di scomparire", di Xabi Molia


Più riguardo a Prima di scomparire Mi trovo un po' in difficoltà, per non dire in imbarazzo, a raccontarvi di Xabi Molia. Del perché presto detto: è questione che altri, molto più acuti e istruiti di me in materia, ne hanno già, e abbondantemente, discusso. E dell'opera, e della casa editrice che la propone. 

Per cominciare, due parole sulla casa editrice. Attraverso l'acronimo dei nomi di battesimo dei due fondatori, @lormaeditore rimanda non tanto ad una editoria “giovane” quanto al ruolo centrale dell'editore, che si intende così rivalutare nella sua esperienza di “persona di lettere”. Approda in libreria il 4 ottobre scorso con due titoli tra cui proprio “Prima di scomparire”, che fa parte della collana di punta della casa editrice, “Kreuzville” (crasi tra Kreuzberg e Belleville, quartieri di Berlino e Parigi in cui i due editori hanno vissuto), riservata ad autori tedeschi e francesi. 
Per approfondimenti, non posso fare altro che invitarvi alla lettura dell'interessante articolo (con intervista ai due editori) di A Cortellessa su @00doppiozero forse, a mio parere, l'intervento più puntuale e completo - tra i tanti comunque ottimi che trovate in rete - che trattano dell'esordio della casa editrice romana.

Detto questo, parliamo dell'opera. Recentemente è apparso su @La_lettura (10/03/2013) un interessante articolo a firma Sandro Modeo dal titolo “Il ponte sospeso tra le sponde franate”. Sottotitolo: “Il passato non c'è più, il futuro non c'è ancora. La parentesi temporale del presente fotografa la nostra condizione. Però non esaurisce il nostro mondo”. SModeo accosta e pone in correlazione la crisi del presente, fatta di un passato “che non c'è più” e di un futuro “che non c'è ancora” - si va dalla precarietà economica e quindi sociale a quella esistenziale, che ne è conseguenza – con alcune tipologie di fruizioni letterarie che al momento paiono preponderanti e in continua ascesa (o revival): “da un lato, un rifugiarsi nostalgico-riflessivo nella società letteraria ante web (i classici, la poesia, i grandi scrittori di lingua e di stile); dall'altro, l'adesione acritica a fiction di genere (vampiri, zombie, le stesse distopie). Come a dire, un ripiegamento museale contro una proiezione esorcistica”. La distopia in special modo “rinunciando all'illusione dell'utopia, prefigura un futuro in negativo per scongiurarlo”. 

Xabi Molia, 35 anni, è sceneggiatore e insegnante di cinema all'università di Poitiers e, nonostante la giovane età, già affermato scrittore (questo è il suo quinto romanzo). L'opera rientra perfettamente nei canoni della fantascienza distopica, sia per ambientazione sia per contenuti. 

XXI secolo, futuro prossimo. 
In una Parigi dilaniata dalla guerra civile appena conclusa, scoppiata a seguito di una grave crisi economica, si aggira il medico Antoine Kaplan, a cui il governo ha assegnato il compito di ricercare e segnalare tutti coloro che mostrano i primi sintomi (banalmente simili ai prodromi di una brutta influenza) di un misterioso virus che sta trasformando la popolazione in una sorta di esseri-zombie crudeli e violenti ma dotati di raziocinio e intelligenza, il cui unico scopo pare la distruzione della razza umana. Dato che per ora sembra non esistere antidoto alcuno contro il virus, che per altro sembra essere in grado di mutare e rafforzarsi, e siccome gli “infetti” appaiono sempre più organizzati e strutturati nei loro attacchi – per altro a quanto pare sostenuti da sacche di ribelli “umani” - , quella di Kaplan, e di altri come lui facenti parte del Dipartimento dell'Individuazione, pare un'inutile corsa contro il tempo  verso un destino che ha dell'ineluttabile. L'ambientazione, cupa, oppressiva e ossessionante è tratteggiata con sapienza e ogni particolare è utile e necessario all'economia del racconto, senza mai risultare ridondante. 

In parallelo al dramma sociale dobbiamo anche seguire anche le vicende personali di Antoine. Prigioniero, in tempi precedenti, di un campo di deportazione (poiché di gruppo sanguigno AB, che alle autorità pareva, all'inizio del contagio, il più sensibile all'attecchimento del virus) e poi fuggito dall'area di detenzione, ora a seguito della riabilitazione concessa alla popolazione ingiustamente deportata (o meglio, a quella parte di popolazione deportata E sopravvissuta al carcere), è medico e, come detto, si occupa di rilevare i sintomi incipienti della malattia, sempre trattando i malati con la maggior compassione e cura possibile. Ma non solo. Hélène, sua moglie, attivista politica e nota autrice di fumetti pubblicati a “strisce” su una famosa rivista, è misteriosamente scomparsa, forse unitasi ad uno dei gruppi sovversivi a cui, pare, è legata, o forse semplicemente fuggita con un amante di cui Antoine, indagando, rileva qualche traccia: il rapporto di Antoine con la moglie, pur fresco di appena qualche anno, si era esaurito da diversi mesi e i due vivono nella completa estraneità, benché inquilini dello stesso misero e fatiscente appartamento. 

Come ha più volte riferito l'autore stesso, “Prima di scomparire” è un tentativo di rilettura della storia in chiave letteraria, dalle pagine indelebili e infamanti della Repubblica di Vichy alla realtà odierna dei sans papiers. L'idea quindi supera la rappresentazione distopica, a cui tanto comunque deve e che conserva in sé tutti i suoi topoi narrativi, dalle atmosfere fatiscenti e vagamente steampunk di edifici, abiti e occupazioni, e si concentra piuttosto sulla ricerca del sé – e dell'altro - sia come Uomo, sia come individuo

Un esempio su tutti, l'accento che l'autore pone sul culto delle lettere e dell'arte in generale. Nel romanzo, nonostante il clima di terrore e la devastazione della guerra, tra palazzi in rovina privi di corrente elettrica, computer e cellulari ormai abbandonati in stanze polverose, i cittadini di Parigi ritornano a dilettarsi con la cultura umanistica: divengono scrittori, giornalisti, filosofi, artisti, attori. Fioriscono i circoli letterari organizzati e improvvisati, ci si reca a teatro, si ragiona di filosofia, si rispolverano i classici, l'amore per le citazioni, la passione per i libri e le opere artistiche dell'ingegno umano. Eppure, il dubbio rimane. Siamo di fronte ad una reale presa di coscienza che comprende il recupero della tradizione e la sua rivalutazione, oppure, piuttosto, ad una pantomima unicamente di facciata nel tentativo di salvare tutto ciò che – tutti sanno – non potrà essere salvato? 

La risposta forse ci viene offerta dallo stesso Kaplan, nel finale dell'opera. Anzi, da un suo alter-ego di età anagrafica più avanzata e di fama un po' più nota: Robert Kerans, che con Kaplan condivide il ruolo del protagonista all'interno di un romanzo distopico dal finale aperto e dalla forte e profonda recherche spirituale:

Così abbandonò la laguna e si addentrò nuovamente nella giungla. Nel giro di qualche giorno si perse completamente, seguendo le lagune che si susseguivano verso sud nella pioggia e nel calore sempre più intensi, attaccato dagli alligatori e dai pipistrelli giganti, un secondo Adamo alla ricerca dei paradisi dimenditcati del sole rinato” (JG Ballard, “Il mondo sommerso”, traduzione di Stefano Massaron, Feltrinelli 2005, p199). 

Buona lettura :)

venerdì 8 marzo 2013

No hashtags, no party: #certilibrivannolettidicarta #SMWmilan #socialreading e tanti altri

Giocando un po' con gli hashtag di Twitter, qui ad ADC recentemente se n'era inventato uno curioso: #certilibrivannolettidicarta. Un gioco innocente, ma forse non tanto, per verificare, ancora una volta e sempre in maniera empirica, l'evoluzione del concetto stesso di lettura che ormai non può più prescindere dalla scelta del device “di competenza”.

Tra le tante opere adatte a prestarsi all'esperimento noi di ADC avevamo individuato anche quelle di @MiraggiEdizioni, che ci erano capitate sottomano qualche settimana fa. Perché presto spiegato, ma dobbiamo partire da lontano.

A Milano, dal 18 al 22 Febbraio si è svolta la Social Media Week (#SMWmilan @SMWMLNdeclinazione milanese della kermesse internazionale omonima.
Tra i vari panel che abbiamo seguito con interesse (in streaming) c'era anche questo: “Social Reading: leggere, condividere e scoprire grandi libri” - in didascalia:
"Social Reading è tutto ciò che riguarda l’esperienza della lettura attraverso e-book ed e-reader: dalle annotazioni ai segnalibri, dalle recensioni alle votazioni. Ogni azione contemporanea alla lettura può essere social e condivisibile".
Qui trovate il link all'evento e qui la diretta streaming, che potete ora visionare on demand.

Si è trattato di un un confronto serrato e brillante tra @henrikberggren, il creatore della piattaforma #Readmill (@readmill) e @marcoghezzi di @Bookrep. Una delle affremazioni che più hanno colpito gli spettatori in sala e il pubblico a casa (a giudicare da Twitter) è stata questa:  
seguita a breve lunghezza da questa:

Sicché da una parte è chiaro e lampante il concetto espresso da Henrik Berggren per il quale, in sostanza, la tendenza generale è quella di una fruizione dell'atto “del leggere” sempre più concentrata - dato l'interesse primario del lettore che dovrebbe vertere sempre più su quell' “in between” che sta tra la prima e la quarta di copertina - anche sull'utilizzo del device, che nella fattispecie dovrebbe diventare unico (in questo caso, smartphone o tablet) e soprattutto PLURIfunzionale.
Dall'altra, abbiamo la nostra esperienza quotidiana che ci bisbiglia all'orecchio, ancora una volta, il valore dell' “oggetto libro”, che indiscutibilmente, se ben costruito e ben trattato, continua ...a vender cara la pelle.

E così, eccoci di ritorno a @MiraggiEdizioni, con un titolo che ben esemplifica il nocciolo della questione.


Come al solito, lasciamo a voi le riflessioni del caso. 
Qui parliamo più diffusamente dell'opera citata.

Buona lettura :)

PS & NB: questo post pare ad ADC una buona occasione per rimandarvi alla nostra “Nota a margine” sul blog – sempre utile da tenere a mente per capire l'approccio di lavoro che si è scelto per www.appuntidicarta.it

"Cacciatori di frodo", di Alessandro Cinquegrani

Più riguardo a Cacciatori di frodo Alessandro Cinquegrani, 39 anni, ricercatore di Letteratura comparata all'Università Ca' Foscari, scrive un'opera prima (finalista al @PremioCalvino XXIII edizione) piuttosto scomoda, ruvida carta vetrata a grana fine, sia per lo stile sia per i temi trattati.
L'impatto con la pagina è notevole, fitta com'è di segni e lettere che si inseguono l'una con l'altra senza neppure il respiro di un a-capo. Peggio ancora quando si scopre, fin dalle prime righe, di trovarsi di fronte ad un testo zoppo perché ripetitivo, ciclico, ipnotico: intere frasi e paragrafi identici l'uno all'altro fino all'ultima virgola, copiatiincollati e ripetuti all'infinito e inframmezzati (soltanto) da pochi, centellinati singhiozzi di parole nuove che spingono in avanti la narrazione, passi di gambero eleganti e minuscoli, avanti ma anche, inaspettatamente, indietro.
Un approccio alla forma evocativo, per altro, perché rimanda direttamente all'archetipo primitivo della trasmissione orale del testo, di matrice indoeuropea: quella dell'aedo, che battendo sulla terra nuda il bastone con cui segnava (per sé e per il pubblico) l'esametro omerico, non disponendo di un testo scritto diventava a sua volta compositore avvalendosi di uno stile tipicamente formulare caratterizzato da ripetizioni, appellativi e topoi che - funzione pratica - giungevano in soccorso nel momento in cui il cantore avesse dimenticato la strofa successiva e che – funzione poetica – ammaliavano il pubblico trascinandolo in una dimensione evocativa mistica e quasi religiosa, grazie al potere ritmico dell'esametro.

Accade lo stesso in “Cacciatori di frodo” con incisività tanto maggiore poiché la scelta della forma è direttamente collegata a quella del contenuto: il dolore di una tragedia orribile che, evocata all'infinito non solo nella sua oggettività (mai del tutto chiarita) ma anche nel suo fardello di “acerbe espiazioni” (cit.) tra sensi di colpa per vecchi rancori infantili mai sopiti, tragiche sciocchezze giovanili ed errori ancor più gravi perché commessi in età adulta, trascina inevitabilmente verso il gorgo della malattia mentale che nelle sue forme più gravi e distruttive priva l'essere umano di qualsiasi personale consapevolezza del mondo reale per confinarlo all'interno di universi paralleli e distorti in cui il tempo e lo spazio non percorrono più traiettorie lineari ma girano e si arrotolano su se stessi in un continuo ritorno di percezioni falsate e ossessioni.

Tra i boschi spogli che costeggiano le rive del Piave rieccheggiano degli spari. Sono quelli dei cacciatori di frodo che si aggirano cauti nella nebbia alla ricerca della preda ma sono anche quelli, molto più antichi e profondi, appena udibili, dei soldati caduti in battaglia: sì, proprio quelli del Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio”, la cantilena ossessiva che accompagna i pensieri e i passi di Augusto, protagonista dell'opera. Augusto ci racconta la sua storia – ma anche quella della sua famiglia – un monologo costruito passo dopo passo, un particolare in più ogni mattina mentre percorre tra sterpi e sassi, facendo attenzione a non rovinare l'ultimo paio di scarpe buone rimastogli, i dodici chilometri della ferrovia abbandonata che separa la casa cantoniera in cui vive dal luogo in cui la moglie, Elisa, dopo essere uscita dall'abitazione, si reca ogni mattina.

Cacciatore di frodo è però (o meglio era) anche il fratello gemello di Augusto, Cesare, un cacciatore di demoni infernali, propri e altrui, con la memoria del quale Augusto ha da confrontarsi inevitabilmente. Augusto: un'esistenza “passiva” com'egli stesso la definisce, trascorsa nell'attesa e quasi mai nell'azione. Un buon uomo che, fin dall'infanzia non troppo serena, ha sempre cercato di appianare gli screzi e tutelare le persone care, rattoppando alla bell'e meglio strappi profondi che non potevano in alcun modo essere ricuciti, sempre fedele ad una personale, cieca fiducia – e a un pizzico di codardia di troppo – a valori familiari e sociali autoimposti a cui, per sopravvivere, era necessario aderire: la buona creanza, l'accomodamento delle criticità interpersonali, il successo sociale costruito da sé, l'idea rassicurante della famiglia perfetta. Dall'altra parte, specchio dolente di ricordi mal sopiti, sensi di colpa e – ancora una volta - “acerbe espiazioni” - il gemello Cesare, o meglio, quel che di lui, oltre il ricordo, rimane: ancora una volta, un refrain, e che refrain (che vi lascio scoprire da soli).

Buona lettura :)

Nota a margine: anche qui s'è parlato di “Cacciatori di frodo”, entrato nella nostra personale hit-parade #certilibrivannolettidicarta. Perché la copertina (“nuda e vestita”, come si è detto su Twitter) già mostra, in germoglio, quel che l'opera poi renderà esplicito.