“Riuscite ad immaginare che cos'è
solcare l'Oceano. Per settimane non vedere altro che l'orizzonte,
perfetto e vuoto. Vivi nella morsa della paura: paura della tempesta,
di un'epidemia a bordo, paura dell'immensità. E allora devi spingere
bene quella paura in profondità, e studiare le carte; osservare la
bussola, pregare per un vento favorevole, e sperare: pura, autentica,
fragile speranza.
Da principio non è altro che una
nebbia all'orizzonte. Allora osservi meglio. Osservi meglio. Così
diventa una macchia, un'ombra in lontananza sull'acqua. Passa un
giorno, poi un altro giorno. E quel segno lentamente si spande lungo
la linea dell'orizzonte prendendo forma, finchè il terzo giorno
permetti a te stesso di credere e osi sussurrare la parola: Terra.
Vita, resurrezione.
La vera avventura, generata dalla
vastità dell'ignoto, sorta dall'immensità a nuova vita. Questo,
Vostra Maestà, è il nuovo mondo.” (*)
Così l'affascinante navigatore,
corsaro e poeta Sir Walter Raleigh (ca1552 – Londra 1618) nella
verisione cinematografica Shekhar Kapur / Clive Owen si rivolge a una
Regina Elisabetta di età ormai matura che, immalinconita dalla
complessità della vita di corte e piegata dalle pesanti
responsabilità che il ruolo le impone, altro non brama se non la
freschezza di un vento puro, foriero di una resurrezione a nuova
vita.
Questo
per dire che la forza del “L'isola del tesoro!!!” (non
dimenticate i punti esclamativi) sta nell'aver dimostrato, ancora una
volta, di come la lettura di un grande classico dell'avventura (prima ancora di essere un "romanzo di pirati") possa fare la
differenza – sia dentro
sia fuori dal testo.
E pazienza se poi l'interpretazione che
ne viene è quella che è, del tutto personale.
Quella giusta arriverà, in seguito.
Dentro il
testo succede che l'autrice, Sara Levine, che di mestiere fa
l'insegnante (e si sente),
già vincitrice di alcuni premi letterari come scrittrice di short
stories, ci invita a fare la
conoscenza di una 25enne ne più ne meno differente da una delle
tante giovani universitarie (o post-universitare) tra quelle che
probabilmente le capitano davanti, a lezione, quasi tutti i giorni.
La
protagonista, di acuta intelligenza, figlia della media provincia
americana, possiede una laurea in non si sa bene cosa - un titolo di
studio che comunque al momento non le è di alcun vantaggio – un
impiego part time in un pet-shop,
un fidanzato capitato più per caso che per scelta, un'amica storica
un po' stralunata, una famiglia levemente disfunzionale e
sulle spalle il peso costante dell'affitto del monolocale da saldare
a fine mese.
E'
questione che la giovane antieroina (intraprendenza pari a zero,
interesse per un avanzamento sociale e uno sviluppo personale nullo
etcetc: “Io, invece, la figlia maggiore, lasciavo
sconcertati i miei perché non scrutavo l'orizzonte alla ricerca di
occasioni per fare volontariato, perché scappavo via da chiunque
puzzassse di persona bisognosa e perché bazzicavo il centro
commerciale e correvo dietro ai ragazzi. Che interessi avevo? Perché
insistevo a guardare la tivù? Perché non mi applicavo?”
[p89]) un giorno si imbatte per caso in una copia sdrucita del
classico di Stevenson, e da esso ne trae, come dire, la Rivelazione.
Ossia
decide, rapita dalle gesta del giovane Jim, di stravolgere, anche lei, tutta la sua vita, per altro applicando
quelli che crede siano i grandi “Valori Fondamentali” del
racconto: Audacia, Risolutezza, Indipendenza e “Battersi la
Grancassa”.
Da qui
al disastro totale la strada è ovviamentre brevissima: perché nella
foga liberatrice dell'esaltazione data dall'avere – finalmente –
un “progetto” di vita da seguire e da portare avanti sino alla
fine, a farne le spese saranno un po' tutti: la titolare del negozio
di animali, la migliore amica Rena, il fidanzato (che diventerà ex),
la sorella Adrianna, i genitori che si troveranno, dopo anni passati
tra sereno affetto e caldo clima familiare, a vivere da separati in
casa, l'una asserragliata in cucina tra pentole e fornelli, l'altro
ermeticamente chiuso nella Taurus di famiglia parcheggiata in garage.
La
luce arriverà, come si diceva sopra, un po' per intimo convincimento
(“Se mia madre incarnava i Valori Fondamentali meglio di
me, non gliel'avrei mai perdonato”
[p137]) e un po' grazie a qualche spintarella esterna (“Non
ci definirei 'indipendenti', ma che importa? Le persone
interdipendenti sono molto più simpatiche. Tu, invece, vivi come se
fossi l'unica persona presente in questa stanza!”
[Rena – p178]) e poi, come nella migliore e più classica
tradizione piratesca, avrà infine le fattezze di un magnifico
tesoro, tanto più prezioso quanto più scovato per caso (in questo
caso, nella tasca sdrucita di una borsa consunta): una mappa
misteriosa, vergata a mano, con tanto di X rossa e una stella dorata
a segnare la meta.
(*) from "Elizabeth, the Golden Age" qui, dal minuto 1:29
Buona lettura :)
Ps. Per
quanto riguarda il fuori dal
testo, che dire. E' inutile, l'avventura per mare ci prende, sempre,
ad ogni età e una volta ch ci sei entrato, lì dentro, non puoi più
uscirne. Noi ne avevamo parlato qui, occupandoci di un libricino
targato
Sellerio 1996 (“Il
canto dell’equipaggio” di Pierre Mac Orlan).
Da “L'isola del
tesoro” a “Cast away”, passando per “Moby Dick” e l'
“Odissea”.
Special thanks to @martatraverso per la bella Twitter-chiacchierata sull'opera, su cui ha speso interessanti riflessioni (here, mi permetto il link). Messaggio in codice: Richard forever.
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