D'obbligo, per non
rimanerne delusi, avvicinarsi a questo testo, inedito in Italia e ora
proposto (Febbraio 2013) da Elliot, più con intento squisitamente
letterario che con pretesa di immedesimazione, impregnato com'è di
elementi autobiografici e ingredienti evidentemente melodrammatici,
data l'epoca e il contesto storico-sociale nel quale risulta
inserito.
Il rapporto violento e distruttivo di
una figlia con la propria madre è al centro della trama e rispecchia
pienamente la relazione travagliata di Irène con Fanny: “Raffinata
e autoritaria: così doveva restare Fanny nella memoria familiare, e
così l'ha dipinta la figlia nel romanzo della propria infanzia amara
[Le Vin de solitude, I 7]: Alta, ben fatta, con un portamento regale.
In realtà era piccola, un metro e sessanta al massimo. Sempre
incipriata anche in tarda età, sempre timorosa che i baci della
figlia potessero rovinarle il trucco e sempre allegra, perché la
tristezza invecchia e sciupa il viso (…) Ma Anna Margulis era una
donna, oltre che lasciva e bugiarda, anche venale” (OPhilipponat /
PLienhardt, La vita di Iréne Némirovsky, Adelphi 2009 p34)
Il titolo dell'opera, che è tratto da un sonetto di Baudelaire: “Fu la mia giovinezza un uragano cupo: | improvviso splendeva di tanto in tanto un raggio. | Fulmini e pioggia han fatto un tale scempio | che solo nel giardino qualche frutto rosseggia” (Op. Cit. p149) si riferisce chiaramente all'“innocenza devastata da Fanny, più rivale che madre” (ibid.).
Effettivamente, molti gli episodi raccontati che paiono
autentici, per i particolari vividi e la crudezza della descrizione
accurata: la scena in cui la figlia sorprende la madre in compagnia
dell'amante, oppure ancora: “Nei loro primi soggiorni parigini, i
Némirovsky non potevano ancora permettersi alberghi di lusso. (…)
Irocka e la governante vennero alloggiate altrove, quasi sempre in
albergo di seconda categoria. La romanziera avrà così tutto il
tempo di costruirsi in uno dei suoi primi romanzi, l'Ennemie,
un'infanzia bohemienne. “Sapeva che non sempre era opportuno
andarsi a ficcare tra le gonne di mammina quando costei passeggiava
lentamente sotto gli alberi con un signore sconosciuto” (L'Ennemie
I 1). La sua fu peraltro un'esistenza quasi da orfana” (Op. Cit.
p31-31).
Ancora, la scena del suicidio della
protagonista Gabri: “E' quasi certo che all'età di vent'anni sia
stata sfiorata dalla medesima tentazione” (Op. Cit. p125) o quella
della violenza carnale, che rispecchia – secondo quanto raccontato
da Irène stessa in una lettera all'amica Madeleine – un episodio
della vita stessa della scrittrice, fortunatamente uscita illesa
dall'esperienza grazie all'intervento di alcuni amici (Op. Cit.
p123-124). Oppure la descrizione di Biarriz (“Una
novella Sodoma” - Op. Cit. p138) e dell'Hotel du Palais,
frequentato con regolarità dalla famiglia Némirovsky:
| http://it.wikipedia.org/wiki/Biarritz |
e anche – da qui il nome “Génia”
(l'amante violento di Gabri) – la maledizione dell'ereditarietà
del sangue (Irène non fa mistero delle sue avventure di gioventù,
specie durante gli anni della Sorbona passati tra amicizie,
divertimenti, balli e notti insonni).
Eppure a Iréne questa vendetta truce e
sadica non porta alcun benessere: nel racconto, il complesso rapporto
tra la figlia e la madre viene ridotto ad una semplice rivalità
amorosa e ciò che rimane più impresso è il sentimento negativo
dell'odio e dell'autodistruzione (che più che distinguere le due donne, le
avvicina e le pone allo stesso livello) piuttosto che l'orgoglio
della superiorità morale. Questione spinosa che verrà risolta tra
le pagine di “Le Bal”, uscito nel febbraio del 1929 sempre a
firma Nerey: “In esso IN abbandona il tono a volte patetico
dell'Ennemie per soffocare i suoi singhiozzi in una feroce risata.
Quei sarcasmi, quell'arte di scrivere dialoghi grossolani ma senza
compiacimento, (…) la base morale di quella violenta satira sociale
saranno l'impronta del suo stile fino alla metà degli anni Trenta”
(Op. Cit. p154).
Ma le due opere, pur così differenti
l'una dall'altra, continueranno ad in intrecciarsi tra loro in una
fitta rete di echi e rimandi, non solo sulla carta, ma anche nella
trasposizione cinematografica: “Nel film (Le Bal) Rosine Kampf si
fa chiamare Jeanne, uno dei tanti nomi dietro cui ama camuffarsi Anna
Némirovsky. E come nell'Ennemie, è l'irruzione di un amante a
provocare la vendetta di Antoniette. E' la prima volta che Irène osa
sfidare così apertamente la madre, e sul grande schermo” (Op. Cit.
p206).
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| http://www.voirunfilm.com/fiche-film/Le+bal-61305.html |
Buona lettura :)
