Chi siamo (e come funziona)

Guardate, spulciate, leggete a piacere: qui si scrive per voi. Di libri.
Di cosa avete bisogno? Un thriller da leggere sotto l'ombrellone? Una commedia di raffinato humour per il fine settimana in campagna? La lettura di quel certo testo che vi incuriosisce tanto (ma che ancora non avete osato acquistare) deve essere di necessità attenta e scrupolosa oppure può adattarsi anche alle cinque fermate di metrò, il tragitto che tutti i giorni percorrete per andare al lavoro?
Qui, di opere, ne troverete alcune. Lette e poi schedate per "modalità di lettura" (veloce, lenta, frazionata, continua...); utilizzando le etichette cercate quella che più vi piace, quella che più sentite vostra, quella che più si adatta alle vostre esigenze del momento.
Perché, non temete, c'è sempre un libro giusto al momento giusto. Conclusa l'opera, tornate qui: per ogni libro consigliato viene pubblicata una banale guida alla lettura, senza pretese. Si tratta solo di alcune note che si spera possano esservi di aiuto per approfondire, magari solo in parte, le scelte stilistiche dell'autore, i legami sottesi alla trama, la psicologia dei personaggi.
Quindi... Buona lettura! E se avete domande, complimenti, stroncature terribili ... scrivete! info@appuntidicarta.it ADC risponderà a tutti! (O almeno, farà del suo meglio). Trovate ADC anche su Twitter.

Bio: ufficialmente, ADC è una delle tante invisibili e silenziose figure che popolano il vario mondo delle CEO's PA.
Di solito quando non lavora (ma anche - ogni tanto - quando lavora: il suo capo è uno comprensivo) legge.
Siccome ha studiato il greco antico per dieci anni, non disdegna qualche capatina nella filologia classica, se l'occasione lo richiede.

venerdì 17 agosto 2012

"Estate al lago", di Alberto Vigevani

More about Estate al lago Molti personaggi illustri hanno scritto di Alberto Vigevani, quindi non possiamo fare altro che lasciar loro la parola. 


Un poeta che scriveva romanzi”, come lo ricorda Lalla Romano il giorno successivo alla sua scomparsa (23 Febbraio 1999), dalle pagine del Corriere. “Il mio amore di sempre per i libri di Alberto, così sapientemente e con affettuosa ironia lombardi, anzi milanesi (…) pensiero grandioso, con racconti pieni di umanità e modestia”. 

Scrittore, poeta, libraio antiquario ed editore, amico dei critici e degli autori più noti del suo tempo” lo racconta Paolo Di Stefano citando, tra gli amici e i colleghi, Sereni, Treccani, Strehler, Pampaloni, e tra i suoi critici Bassani, Calvino e Dionisotti che Di Stefano cita: 
Carlo Dionisotti nel '76 si diceva entusiasta dell' Estate al lago, collocandolo «sotto il segno di una moderna e nostra classicità»: «Leggendolo, ho avuto la commovente illusione che quella civiltà letteraria europea dei miei anni giovanili, fra l' una e l' altra guerra, non fosse scomparsa del tutto»” 

Addio ad Alberto Vigevani. Cantò il cuore della vecchia Milano” scrive Guido Vergani sempre sul Corriere, e sempre a seguito della sua scomparsa, continuando così: “Apparteneva a una Milano ormai sepolta, quella intellettualmente e ideologicamente nobile di "Corrente", di Raffaele Mattioli, il banchiere - editore, di Adolfo Tino, di Vittorio Sereni, di Antonello Gerbi, di Sergio Solmi, di Riccardo Bacchelli. Dal "Demetrio Pianelli" di Emilio De Marchi, la narrativa italiana non e' stata prodiga di storie milanesi. Non si fatica a ricordare e non si rischia di dimenticare: "L' incendio di via Keplero" di Gadda, "Il ponte della Ghisolfa" e "Il dio di Roserio" di Giovanni Testori, "La vita agra" di Luciano Bianciardi, "Un amore" di Dino Buzzati. A questo scaffale, Vigevani ha dato libri che meritano di starci e che resteranno a testimonianza del vivere e del sentire di una societa' , di una citta' negli anni dell' armonia, del male ideologico, della mediocrita' vile e accomodante, dell' inferno e, poi, della speranza. Sono pagine intrise di Milano, hanno, fra letteratura e cosa vista, fra romanzo ed elzeviro, colori, strade, personaggi, sentimenti milanesi. Per questo, Milano ha in lui il "suo" narratore. In questo, Vigevani e' lo scrittore piu' milanese dell' ultimo mezzo secolo (…). Milano, nella fatica letteraria di Vigevani, non e' solo spunto per prose d' arte. I romanzi, i racconti biografici liquidano l' idea che la sua milanesita' narrativa sia solo elzeviristica: una misura di sapiente, controllatissima scrittura che lo apparenterebbe agli scapigliati Gian Pietro Lucini e Carlo Dossi, a Raffaele Calzini, a Carlo Linati, a Piero Chiara di "Vita a Milano", ad Alberto Arbasino di certe pagine de "Piccole vacanze". Anche se il suo sangue, il suo sentimento, la sua appartenenza alla citta' si fossero espressi solo in questa forma e "gittata", in questo respiro breve, chi potrebbe negargli un posto alla ribalta della letteratura milanese? Ma tale diritto e' alimentato dallo sfondo, dalla materia, dall' impasto totalmente milanesi del suo narrare piu' disteso e vasto” 

Estate al lago” in edizione Sellerio (la prima è di Feltrinelli, 1958) ci è capitato in mano per caso, scovato sul bancone di un mercatino dell'usato. Come per caso sono nate le immagini attraverso cui abbiamo cercato di descrivere l'opera.

"L'anno che compì i quattordici andarono in villeggiatura a Menaggio,
sul lago di Como, per seguire dei parenti che avevano figliuoli vicini alla sua età
e a quella dei fratelli. La delusione di non tornare al mare lasciò il posto alla curiosità per i nuovi paesi,
al pensiero che vi avrebbe ugualmente trovato l'acqua e le barche" (pag.21)

"Dalle cancellate si intravedevano i giardini del lungolago, trapunti dai colori delicati
delle aiuole fiorite, folti d'alberi esotici, di piante centenarie che sporgevano i rami sulla strada" (pag.22)


"Gi pareva di tenere il capo di un capriccioso aquilone che per un istante,
nascosto dal tetto di una casa, da un crocchio di piante,
nemmeno si sa dove voglia dirigersi. Poi, nel giardino, le siepi,
le finestre aperte sulle stanze, gli parvero un labirinto di prospettive, e, quando le udì,
di voci che avrebbero potuto strapparlo dalla contemplazione di ciò che stava nascendo,
e nemmeno voleva approfondire" (pag.69)

Dalla nota di G Pampaloni in coda al volume:

“(Estate al lago) è, tutto insieme, racconto d'ambiente, memoria di adolescenza, racconto d'amore, storia di un'educazione sentimentale (…). Il fascino del racconto sta nel timbro, malinconico e un po' assorto; una malinconia che nasce da una necessità lirica e si vela di un arcano colore del destino. Il mondo che ci descrive è quello consueto allo scrittore, il mondo della borghesia liberale milanese, moderna, illuminata, e pur sempre legata al solido decoro ottocentesco: la lunga villeggiatura della famiglia di una avvocato, le quiete ville sulle rive del lago di Como, nascoste dal verde agli sguardi indiscreti, l'agio senza sussulti apparenti degi anni tra le due guerre (…). Giacomo, ragazzo solitario e scontroso, confuso nell'etaò acerba degli ultimi calzoni corti, è infelice; ma il suo problema non è la felicità, è la vita (…). Questo mi pare il tratto originale del personaggio (e del libro): la perdita dell'innocenza, momento fatale di ogni adolescenza, si trasforma, come in dissolvenza, nella consapevolezza della complessità dell'amore con tutto ciò che di ambiguo, di doloroso, ma anche di certo e, in qualche senso, di supremo, tale consapevolezza porta con sè” (p137-138). 

Buona lettura :)

Bibliografia essenziale:

lunedì 6 agosto 2012

"Vietato giocare con la palla", di Antonio Steffenoni


More about Vietato giocare con la pallaLe notti di agosto, a Milano, sono bugiarde e interminabili, rinfrescate da qualche scampolo di vento prealpino che coraggioso scende a valle quando cala la sera; sono piene di buoni propositi e progetti per il giorno a venire (lontano o vicino) che poi però, alla luce di un’alba già rovente, naufragano nel mare delle illusioni impigrite. 

“Vietato giocare alla palla” si inserisce perfettamente, per tematica e struttura, nel ricco filone noir della narrativa gialla milanese. Il Commissario Ernesto Campos, di padre spagnolo emigrato in Italia per amore, viene richiamato dalle ferie per risolvere un’indagine spinosa: una carneficina famigliare, cinque persone barbaramente trucidate a colpi di arma da fuoco, nessuna arma del delitto e un unico superstite, per altro sospettato, in fuga. 

Come a dimostrare che ogni opera letteraria tende, se non forzata, a prendere la strada che più gli è consona, abbiamo atteso molto tempo per affrontare questo romanzo che non è una novità recente nel panorama delle uscite di genere (la prima uscita è datata addirittura 2008). Questo perché non si tratta, semplicemente, di un romanzo giallo. Certo, ve ne sono espresse al meglio tutte le caratteristiche: un delitto efferato a cui segue un'indagine di difficile risoluzione, una squadra di protagonisti appartenenti alle forze dell’ordine ben assortita e delineata nei dettagli, capitanata da un leader sicuramente di spicco, né convenzionale né immune alle proprie, personali debolezze; uno stile narrativo che si destreggia abilmente, attraverso una trama tesa e lineare, tra le parti prettamente descrittive e quelle dialogate, fondamentali per lo sviluppo della vicenda; una contestualizzazione geografica e temporale precisa e ben calibrata. 

Avevamo bisogno di riscontri oggettivi – per quanto oggettiva possa essere ogni percezione personale - di immagini e rifrazioni di luce

Bisogno di vivere anche noi, come il Commissario Campos, quel tempo sospeso delle ferie in città, fatto di buoni propositi (i 4327 libri del Commissario, che riposano chiusi in decine di scatoloni – tutti rigorosamente sistemati ed etichettati in ordine alfabetico – e che il protagonista ha il proposito di sistemare nella libreria di casa, utilizzando parte della licenza estiva), di tempo dilatato e immobile, aria rovente e sole a picco sull’asfalto molle e quasi liquefatto e notti – appunto – un po’ bugiarde e interminabili. Così ce la siamo girata quasi tutta, la Milano di Ernesto Campos (e ne abbiamo fatto pure qualche twitt, in rigoroso ordine sparso).

Dalla circonvallazione interna ai casermoni di cemento della periferia nord, passando per le spiagge affollate del Lido fino ai tavolini di una Brera assopita sotto il sole di agosto, abbiamo affrontato quasi una discesa agli inferi casalinga, a metà tra un Cuore di Tenebra postmoderno e un’inedita avventura Marcovaldiana. Perché “Vietato giocare alla palla” è anche, e soprattutto questo: una personale indagine introspettiva che partendo dall’inquietudine personale del protagonista raggiunge inevitabilmente anche il lettore. Così, mentre il Commissario Campos si trova a fare i conti non solo con l’assassino impunito di una strage efferata e all’apparenza senza logica ma anche con i propri demoni personali che il delitto fa potentemente riemergere (un episodio drammatico del passato e un senso di colpa mai sopito), necessariamente il lettore finisce per interrogarsi anche su di sé. 

"I casamenti che fiancheggiavano il rettilineo di Melchiorre Gioia
avevano per lo più le persiane chiuse" (p10) 

"Anche Via Cagliero sembrava far parte di una città abbandonata; le tapparelle abbassate
punteggiavano di nero  i grandi palazzi che la stringevano sui due lati" (pp 32-33)

“Vietato giocare alla palla” è un romanzo sul castigo e sul perdono, sui cambiamenti nei rapporti d’amore e sul senso di responsabilità rispetto al quale non riusciamo quasi mai a confrontarci con equilibrio: talvolta gli sfuggiamo, nella convinzione che ad esso sia possibile sottrarsi per sempre solo per il semplice fatto di continuare a ignorarlo; talvolta invece ce ne sobbarchiamo solo gli oneri in un gioco perverso di ricatti affettivi, inutili rinunce e speranze mal riposte.
Il senso di colpa di Campos proprio perché mai risolto inquina la quotidianità del protagonista, relegando i suoi rapporti personali, specificamente quello profondo ma altalenante con la fidanzata Marzia, dentro un limbo fangoso di cose non dette, questioni lasciate in sospeso e decisioni procrastinate all’infinito.

E' un attimo unico, particolare, uno di quei rari istanti in cui per talento e intuito il fotografo riesce a scattare un’unica istantanea, il momento esatto in cui una vita cambia direzione.

Nota a margine: potete trovare qui una vasta galleria dei bellissimi lavori "Hopperiani" di Gianni Maiotti, autore dell'immagine in copertina e illustratore della maggior parte delle cover della collana "Il mio tempo" di Carte Scoperte.

Buona lettura :)

venerdì 3 agosto 2012

"Il Libraio", di Régis de Sá Moreira

More about Il libraio Si sente il vento d’oltralpe, in questa moderna favola di poesie a capitoli. 

In una città sconosciuta, eppure così ben definita da sapori e profumi, un uomo senza nome trascorre la sua vita tra gli scaffali zeppi di volumi che compongono la sua libreria. 
L’uomo senza nome si nutre solo di tisane (una per ogni cliente) e di libri, che legge in continuazione; dorme rannicchiato in una vecchia poltrona dietro al bancone e non abbandona mai il negozio, che tiene aperto anche di notte (illuminandolo con una lanterna a petrolio, perché le stanze non sono fornite di luce elettrica). 

L’uomo senza nome, identificato solamente dalla sua professione, il libraio, per gli amici non è diventato altro che un argomento di conversazione; ha amato tre donne, tutte sparite, ha cinque fratelli e cinque sorelle sparpagliati per il mondo con cui si mantiene in contatto scrivendo delle lettere molto speciali. 
Ovviamente l’uomo senza nome per tutto il giorno non fa altro che accogliere i clienti che entrano nella libreria. Ci sono clienti buoni e clienti meno buoni. Il lettore insoddisfatto alla ricerca del libro perfetto. Un gruppetto di bambini che, girovagando tra le scansie, riempie gli stretti corridoi della libreria (taluni sono proprio stretti, fatti solo per loro) di fantasie di corsari, abbordaggi e isole del tesoro. 

C’è l’Ultimo Cliente della Giornata, che si riconosce dal fatto che non vuole mai andare via; ci sono donne bellissime, e leader religiosi. Anche Dio passa, ogni tanto, così giusto per curiosare. E di tanto in tanto entra anche una Gran Dama vestita di nero. Legge poesia. E piano piano, mentre legge e sfoglia pagine di carta sottile, qualcosa le accade. 

E’ una finestra aperta su un mondo misterioso, fatto di momenti luminosi che appaiono raramente, soltanto a tratti. Nel mezzo c’è la vita di ogni giorno: attese, delusioni, piccoli e grandi tormenti. 
Eppure (o meglio, proprio per questo) è una storia da leggere assieme ai bambini, nelle notti di inverno, prima di andare a dormire: in un mondo in cui l’essere abili in diverse discipline, sempre eccellendo, è considerata una norma e una necessità, il libraio tra le altre questioni ci insegna che chi vende sogni, i piedi per terra non è che ce li possa sempre avere. 

Come nella favola della lepre, del serpente e dell’uccellino, a ognuno di noi è affidato un compito. La lepre sarà in grado di saltare più in alto del serpente, e tuttavia non saprà strisciare con la medesima agilità del rettile, che a sua volta, nonostante le sue eccellenti qualità, non avrà mai modo di allietare il bosco con i cinguettii che invece sono propri dell’usignolo. A ognuno il suo, insomma – cosicché ciascuno possa prendersi le responsabilità delle proprie scelte, senza la pretesa di poter ottenere, in breve tempo e senza rinunciare a nulla, tutto quello che si trova a desiderare. 

E’ un bell’insegnamento per gli adulti di oggi, ma anche per i bambini che diventeranno adulti a loro volta, un domani; per riscoprire la pazienza, l’umiltà e il valore delle cose fatte insieme, a ciascuno il proprio ruolo, i propri meriti e, perché no, anche i propri errori. 

Nota: la redazione di ADC ringrazia la gentilissima signorina @Aisara al #Salto12, che con indomita maestria di polso, di fronte a noi improvvisamente strappò, tutta d’un pezzo, una pagina intera di una copia dell’opera. E poi quel foglio ce lo allungò, con il sorriso sulle labbra. Eravamo in due e il rumore della carta spezzata quasi ci uccise. Però, poi, capimmo. Ci saremmo persi qualcosa, senza quel gesto.