Chi siamo (e come funziona)

Guardate, spulciate, leggete a piacere: qui si scrive per voi. Di libri.
Di cosa avete bisogno? Un thriller da leggere sotto l'ombrellone? Una commedia di raffinato humour per il fine settimana in campagna? La lettura di quel certo testo che vi incuriosisce tanto (ma che ancora non avete osato acquistare) deve essere di necessità attenta e scrupolosa oppure può adattarsi anche alle cinque fermate di metrò, il tragitto che tutti i giorni percorrete per andare al lavoro?
Qui, di opere, ne troverete alcune. Lette e poi schedate per "modalità di lettura" (veloce, lenta, frazionata, continua...); utilizzando le etichette cercate quella che più vi piace, quella che più sentite vostra, quella che più si adatta alle vostre esigenze del momento.
Perché, non temete, c'è sempre un libro giusto al momento giusto. Conclusa l'opera, tornate qui: per ogni libro consigliato viene pubblicata una banale guida alla lettura, senza pretese. Si tratta solo di alcune note che si spera possano esservi di aiuto per approfondire, magari solo in parte, le scelte stilistiche dell'autore, i legami sottesi alla trama, la psicologia dei personaggi.
Quindi... Buona lettura! E se avete domande, complimenti, stroncature terribili ... scrivete! info@appuntidicarta.it ADC risponderà a tutti! (O almeno, farà del suo meglio). Trovate ADC anche su Twitter.

Bio: ufficialmente, ADC è una delle tante invisibili e silenziose figure che popolano il vario mondo delle CEO's PA.
Di solito quando non lavora (ma anche - ogni tanto - quando lavora: il suo capo è uno comprensivo) legge.
Siccome ha studiato il greco antico per dieci anni, non disdegna qualche capatina nella filologia classica, se l'occasione lo richiede.

mercoledì 25 luglio 2012

"Vampire Empire" - part II, di Susan and Clay Griffith


More about Vampire Empire Il secondo volume della trilogia non delude gli ormai numerosi fans.  

L’opera, per la maggior parte incentrata sulle vicende della Principessa Adele, vera eroina della serie, tra un colpo di scena e l’altro affronta più nello specifico quei temi “tecnici” che nel primo volume erano rimasti in sospeso: vari gli approfondimenti sulle questioni dinastiche e sulle lotte di potere che dominano sia la società degli umani sia i clan vampireschi, e più strutturato l’approccio ad un altro tipico filone della narrativa steampunk: la presenza fondamentale dell’occulto e delle società segrete, in un continuo, deviante gioco di specchi, appassionante e mai troppo macchinoso.  

Tra le tante scene stilisticamente ben riuscite, per esempio quella della descrizione delle pratiche mediche affrontate in una sala operatoria che risponde ai canoni del più puro stile steampunk-decadente. (Eh, via, non possiamo divi di più, niente spoiler). Un anfiteatro racchiuso nel cuore di un antico palazzo, fatto di buio e gradinate deserte che scivolano verso il centro della scena, occupato dalla luce bianca e asettica puntata sul tavolo operatorio, tra marchingegni antichi e moderni e strumenti per la chirurgia.  
Oppure, le descrizioni molto accurate dell’abbigliamento dei protagonisti, sempre perfettamente aderenti all’estetica steampunk, o gli scorci sulla città imperiale e le sue numerose stratificazioni architettoniche fatte di imponenti palazzi di foggia medievale, stretti vicoli bui che serpeggiano tra suq e botteghe di ogni tipo e figura, obelischi e statue che paiono giungere direttamente dall’Antico Egitto. Non mancano chiaramente, come facile intuire, passaggi segreti e porte nascoste che si rivelano soltanto al tocco di dita esperte.  

L’opera può essere classificata senza dubbio tra quelle appartenenti al Fantasy Young Adults e tuttavia non si può dire che sia di tematica prettamente leggera: la presenza di un’eroina consapevole del proprio ruolo nella società, poco influenzabile dal “clan” di turno ma ben disposta nei riguardi dei consigli che vengono dalle poche persone fidate e di famiglia di cui, con spirito critico, sa circondarsi, forte e decisa al di là delle sue capacità magiche (che di necessità debbono essere presenti dato il genere letterario a cui l’opera consapevolmente si richiama ma che in questo caso non caratterizzano la protagonista se non in maniera complementare), avvezza all’impegno dello studio e alla disciplina dell’allenamento fisico e capace, nonostante la giovane età – e certo nei limiti della fiction letteraria – di scelte impopolari e di lucida consapevolezza delle conseguenze che ogni decisione trascina con sé, porta i lettori (e soprattutto le lettrici) a riflettere, in senso più generale, sulla validità, o meno, delle figure femminili che ultimamente popolano la narrativa di genere.  

Note:  Qui l’analisi ADC, effettuata alcuni mesi fa, sul fenomeno Vampire Empire. E per chi fosse interessato, ci permettiamo di segnalare il Twitter degli autori; belle novità e notizie dal mondo steampunk e non solo: @clayandsusan.

Buona lettura! :)

venerdì 20 luglio 2012

"La strana scomparsa di Leslie", di Josephine Tey


More about La strana scomparsa di Leslie Oggi vorrei parlarvi brevemente di Elizabeth Mackintosh (1896 – 1952). 

Fisioterapista e insegnante di ginnastica, con lo pseudonimo di Josephine Tey è autrice scozzese nota per le sue mystery & detective novels. Di carattere schivo e riservato, in vita era apprezzata drammaturga (sotto lo pseudonimo – un altro! – di Gordon Daviot) di consistente profilo ma sono i suoi romanzi, piuttosto che le sue pieces teatrali, a essere tutt’oggi ancora pubblicati e diffusi a livello internazionale: perché JTey è universalmente riconosciuta come una delle più apprezzate scrittrici della golden age del romanzo giallo anglosassone. 

Ora Mondadori ne ripubblica l’opera negli Oscar Narrativa, accattivando il lettore attraverso un’interessante introduzione di PD James e le belle, evocative copertine di Mick Wiggins.

Cinque romanzi hanno come protagonista l’Ispettore Alan Grant (“The Man in the Queue”, “A Shilling for Candless”, “To Love and Be Wise” – il nostro “La strana scomparsa di Leslie” – “The Daughter of Time” e “The Singing Sands”), altri tre invece si caratterizzano come Stand-alone Mysteries (“Miss Pym Disposes”, “The Franchise Affair”, “Brat Farrar”). 

Che dire se non: leggetela. 
Cosa troverete: 
  • Un detective gentiluomo molto diverso dalle figure tormentate e oblique che popolano la narrativa di genere degli ultimi anni. Lavoratore instancabile, fedele seguace della giustizia e della verità. Dotato di acuto intelletto e professionalità estrema, gran spirito di osservazione e saldi principi morali, Alan Grant è una persona assennata e prudente, ma non per questo rigida e conformista, anzi. Aperto alle novità, curioso di ciò che lo circonda, in punta di piedi e senza disturbare entra ed esce da mondi diversi senza la pretesa di giungere ad appartenere totalmente ad alcuno, né a esserne accettato ma pronto ad assaporare le bellezze di ognuno ed ad osservarne, imparando dall’esperienza , le pecche e le difformità. 
  • Una serie di comprimari, più o meno abituali, che grazie all’indiscutibile abilità della scrittrice nell’arte teatrale hanno la peculiarità di una rappresentazione di dettaglio: completa, espressiva, convincente. 
  • Un’ambientazione evocativa e vivida, fatta di paesaggi dipinti con olii e carboncini: si va dalla campagna inglese dei piccoli centri urbani, buen ritiro non dell’alta società, mondo che non compete a JTey, ma di quella parte di mondanità intellettuale e artistica (scrittori, pittori, attori, ballerini) a cui l’autrice è legata, e ben conosce, data la sua attività di drammaturga, alle Highlands Scozzesi, tributo alle terre selvagge, luogo natio della scrittrice. 
  • Storie appassionanti (da leggere senza pretesa di immedesimazione, ovviamente), dalla trama ben tesa ed equilibrata - da cui non occorre sempre aspettarsi la forte emozione del delitto in presa diretta - tra vicenda principale (poliziesca) e le varie comprimarie, spesso inserite per alleggerire l’atmosfera, che spaziano finanche all’intrigo sentimentale. 
  • Dialoghi realistici, di chiara impostazione teatrale perché sempre definiti da connotazioni evidentemente sceniche: la descrizione del modo in cui l’interlocutore accavalla le gambe o stringe, compulsivamente, il manico di una tazzina di tè; uno sguardo; la luce del sole al tramonto che colpisce il viso del protagonista. 
  • E soprattutto, quel mondo tutto british, oramai scomparso, di cui è un piacere leggere, e ricordare. 
Nota: per studio ulteriore, mi permetto di rimandarvi all’analisi fotografica di @FNall per quanto riguarda la forma ; per i contenuti, alle puntuali e approfondite osservazioni di Senza Errori di Stumpa (@laClarina).

Buona lettura. 

mercoledì 18 luglio 2012

"Romanzo per signora", di Piersandro Pallavicini


More about Romanzo per signora “Il mondo è bello, non sentite come frizza l’aria? Non vedete com’è lucente il cielo? Nice, Cote D’Azur. Ridiamo, scherziamo, siamo italiani, vigevanesi, rotariani, abbiamo figli, conti in banca e io ci penso, giuro che mi concentro, eppure com’è che non mi si riempie, questo spazio vuoto e gelido che mi si è aperto al posto del cuore?” (pag 94)

Cesare Corsico-Piccolini, distinto ex direttore editoriale di un’importante casa editrice milanese, e la moglie Franca. Il Luciano Buttafava, patron di saloni automobilistici, con la consorte Adriana. L’Attilio Persegàti (detto Enzo per la sua somiglianza con Jannacci), fondatore di una azienda leader nel settore delle calzature di lusso, neovedovo.
Tenete a mente questi nomi, non vi lasceranno più.

Cinque amici over 70, Vigevanesi, Rotariani de’ no’ artri.
La borghesia lomellinese, armata fino ai denti, all’assalto della Nizza più kitsch per una settimana di vacanza in bassa stagione.
Acciacchi vari, ipocondrie multiple, scheletri nell’armadio, portafogli a fisarmonica, maglioncini di cachemire e jaguard d’ordinanza per veri “cumenda” affiancati dalle rispettive controparti femminili, signore griffate e ingioiellate, vagamente isteriche (ndr, alla Franca, quando s’indispettisce, le escono fuori dei terribili baffi da suora, e l’Adriana appare, nei medesimi frangenti, tale quale a un “pechinese elettrico che hanno attaccato per sbaglio alla duecentoventi invece di mettergli le solite pile” - pag 182), adeguatamente nutrite di ansiolitici ove l’occasione lo richieda.

Ecco a voi la cronistoria di una vacanza che di rilassante avrà poco o niente, come prevedibile. Altro che cene a base di pesce e tranquille passeggiate sul lungomare. Qui si narrerà, con dovizia di particolari, di liti coniugali presenti e passate, misteriose sparizioni (per un amico che si vaporizza nel nulla un altro forse riappare, emergendo, come un fantasma, dalle nebbie di un passato remoto oramai così difficile da ripescare) e scioccanti rivelazioni, risse, scene di drammatica isteria collettiva, atti illeciti; il tutto raccontato con maestria, ritmo incalzante, divertente, ironico.

Lo sguardo critico (a tratti cinico, mai cattivo) di Cesare, affetto da sclerosi multipla, mitigato da quello fine e traslucido del lieve Persegàti, che si esprime soltanto in dialetto; la tranquillità stoica, e in parte chimica, della timorata e casta Franca cui fanno da contrappunto le epiche scenate dell’Adriana nei confronti del marito Luciano, espressione più classica e costruita (eppure così reale) del commendatore di provincia, chiassoso e volgare, tronfio dei suoi successi commerciali, sciocco e credulone.

Romanzo dalle linee narrative multiple e fluide, si rimescola su così tanti e vari livelli di coscienza che non provare a scoprirli tutti sarebbe un sacrilegio.

Un esempio già il titolo, ingannatore e fuorviante.

Se da una parte esso rimanda chiaramente ad Henry James, dall’altra sembra irridere (riprendendo scherzosamente la velata misoginia di Cesare, io narrante, nonché il vago senso di omofobia che permea le riflessioni dei cinque protagonisti a riguardo) di tutta quella certa letteratura rosa di cui sono fitte le classifiche di vendita attuali, al contempo strizzando l’occhio alle statistiche che vedono l’area dei “lettori forti” dominata da una netta percentuale femminile.

Un ammiccamento sottile e sarcastico, camuffato da indicazione di genere e target, perché al di là dalla tragi-comicità della gita Nizzarda, di temi scottanti, trattati, ce ne sono eccome (altro che Romanzo per signora, quindi): dalla malattia debilitante, sia nel fisico sia nella psiche, che dall’interno scardina pezzo per pezzo ogni punto di riferimento (le vertigini, i tremori, le difficoltà di deambulazione / i ricordi offuscati, le parole che non si riescono più a pronunciare, perse nel buio di una memoria farlocca) alla querelle sulle terapie mediche alternative (una su tutte, il cannabiolo) che sfocia quasi inevitabilmente nel dibattito sull’eutanasia e sulle cliniche della dolce morte.

Dall’omosessualità, celebrata, nascosta, o solo presunta al ruolo della donna, che, agli occhi di Cesare deve rispondere perfettamente ai cliché più tipici degli anni ‘50 e ’60: relegata in un mondo a parte, famigliare, dedita alla cura dei figli e della casa, poche parole, pochi svaghi (unico concesso, la religione) e tanto amido per i colletti delle camicie, che occorrono perfettamente stirate.

Per non parlare dei figli, grotteschi ereditieri buoni solo a trattare ogni over 70 che capiti loro a tiro alla stregua di un preadolescente tontolone e a dilapidare il patrimonio di famiglia che i rispettivi genitori hanno costruito nel corso degli anni, con indubbio talento, rinunce e gran fatica di lavoratori indefessi.

Eppure, non è finita qui; eh sì, perché ci manca ancora lo scrittore Leo Meyer; riconoscibile alter ego di Pier Vittorio Tondelli, è la nemesi di Cesare: l’amico di una vita, lanciato dallo stesso Cesare in vetta alle classifiche editoriali e poi improvvisamente scomparso nel nulla a causa di un brutto (e banale, come spesso accade) fraintendimento professionale. Leo Meyer, l’autore di un clamoroso “romanzo generazionale”; l’icona gay e il rappresentante, pubblicamente celebrato, di una intera generazione.

La finzione narrativa di Leo Meyer (il cui ruolo nell’economia del romanzo non è possibile anticipare in questa sede) ci aiuta a ripercorrere, insieme a Cesare e a PSpallavicini, la storia dell’editoria italiana degli ultimi vent’anni, dal boom dei nuovi autori negli anni ‘80 al presente sconclusionato, caotico e oppresso da un marketing sempre più aggressivo e asfissiante, passando per gli anni ‘90 così fecondi di fermento e passioni.

Attraverso i ricordi di Cesare – un insider d’eccezione – ci troviamo ad affrontare, basiti e ammirati, quasi un lussuoso corso monografico di storia critica dell’editoria italiana, completo di apparato critico e citazioni più o meno scoperte (si va dal dimenticato Fredricc Prokosch a Piero Chiara, da PG Wodehouse a Houllebecq), tra opere “navigabili”, martlàà a travèrs e funghi trifoli (pag 41-42).

Parecchi i passi degni di citazione – passi che in parte abbiamo riportato su Twitter. I più esilaranti, o riflessivi, sarcastici e amari appartengono alla voce narrante di Cesare Corsico-Piccolini. Ce ne sono due, brevi, che vale la pena riprendere:

Un appello. Non sorridete a un uomo soltanto perché ha i capelli bianchi ed è ben vestito. Mai. Nemmeno se vi sembra decrepito, mummificato. Nemmeno se le sue gambe traballano. Lasciatelo in pace, grazie” (pag 146)

"E in questi due, cinque, dieci anni che mi restano dovrei sprecar tempo a preoccuparmi di cosa la gente pensa di me? A preoccuparmi se faccio delle figure da vecchio rincoglionito? Ma lo sono, per la malora, lo sono!" (pag 69)

Sgradevoli questi vecchietti, eh? Con loro, come la fai la sbagli. Fastidiosi, aggressivi, irritanti nelle loro manie e nei loro tic nevrotici. Eppure, malgrado le malattie degenerative e la senescenza incipiente, così vivi. Paiono mostrare uno stoico distacco di fronte alle vicende umane: l’amicizia, l’amore verso i figli, la morte, ma poi sotto sotto si amano, più spesso si odiano, e ardono di passione, rabbia e ira, sebbene vittime di un decadimento fisico e psichico inarrestabile che alla retorica non fa sconto alcuno.

Possibile che in un momento di crisi come quello che stiamo affrontando, un buon Romanzo per signora sia l’unica, vera ancora di salvezza? Come dire, l’autoironia di chi è in grado di godersi il buon vivere, che per certi versi manca alle giovani generazioni: il gusto per la vita in sé, che sta tutto non nella ricerca affannosa di uno “stare meglio” non ben identificato, ma nell’affrontare con ottimismo e un pizzico d’incoscienza quello che essa, nel bene e nel male, ci offre.

Nota: Un ringraziamento particolare all’autore, per la gentilezza dei suoi Twitt.
Uno spettatore cortese e attento che mi ha accompagnato nella lettura dell’opera e nella sua micro-condivisione su Twitter. Vi invito a consultare la bella pagina FB dedicata al romanzo, che mi permetto di riportare qui sotto.
http://www.facebook.com/pages/Romanzo-per-signora/185039401580784

Buona lettura.

sabato 7 luglio 2012

"Venti corpi nella neve", di Giuliano Pasini

More about Venti corpi nella neve L’estate sa di giallo. E di inverno, neve e tempesta sull’Appennino emiliano tra nebbia e sassi, case antiche e vecchie storie mai dimenticate.
Giuliano Pasini è l’autore di questo “Venti corpi nella neve”, uscito già l’anno scorso in ebook con il titolo “La giustizia dei martiri”, una delle 30 opere vincitrici della prima edizione del torneo letterario “Io Scrittore” promosso dal Gruppo Editoriale Mauri-Spagnol. 
Caratteristica peculiare di quello che è divenuto uno dei più noti concorsi web del settore è la modalità di partecipazione dei concorrenti, che ricoprono il doppio ruolo di autori e critici: sono sempre solo i partecipanti a definire la classifica (due manche e una graduatoria finale) e di conseguenza i vincitori. 
L'iscrizione al torneo è gratuita e in palio v’è la pubblicazione in formato ebook per le prime 30 opere ed edizione cartacea per le prime classificate.

Ecco a voi qualche stralcio dell’interessante pagina di presentazione del torneo.

È passato un altro anno e una nuova, fortunata edizione del torneo letterario IoScrittore si è conclusa, (…) dimostrando una volta di più la validità di una formula di scouting innovativa, democratica e al tempo stesso attenta alla qualità delle storie, un’alternativa al self-publishing, così in voga di questi tempi quanto sotto osservazione. Il claim del torneo letterario IoScrittore non vuole infatti essere “Se l’hai scritto, va stampato” quanto piuttosto “Se l’hai scritto, va valutato”. È la logica di un torneo completamente gratuito che garantisce la piena libertà degli autori.

Con questa iniziativa il Gruppo editoriale Mauri Spagnol intende rilanciare una competizione paritaria affidata alla rete che dia nuovamente luogo a una forte comunità di lettori e di scrittori in grado di dar vita a una sfida letteraria democratica e appassionata. La scommessa ancora una volta è che siano gli autori, nei panni di lettori, ad avere l’ultima parola.

Ambientato sull’Appennino emiliano tra Modena e Bologna a metà degli anni novanta, il noir – rispondendo a ben precisi canoni di genere, che siamo felici di ritrovare, limpidi e chiari nei dettagli e nella struttura - intreccia le vicende personali del poliziotto Roberto Serra, tormentato da un passato angoscioso e vittima di un presente professionale e sentimentale drammatico, a quelle corali della gente del borgo di Case Rosse, comunità ancora scossa dalle vicende dolorose e tragiche ivi accadute durante il secondo conflitto mondiale. Proprio a queste vicende si fa riferimento in entrambi i titoli, che rimandano alle numerosi “stragi minori” fatte di lotte partigiane e rappresaglie nazifasciste che insanguinarono numerosi paesi dell’area appenninica tra il 1944 e il ‘45.

La trama, lineare, appoggia su una struttura equilibrata - il buon ritmo è scandito dai capitoli che, a seconda dell’oggetto narrativo, variano di lunghezza e alternanza sempre ben tesa tra dialogo e parte descrittiva – e su una scrittura agile e secca, che riduce aggettivazione e ipotassi al minimo mantenendo tuttavia il legame con la letteratura di genere sempre chiaro e forte, evitando (abilmente) il rischio di scivolare nel temibile gorgo della fiction ad uso e consumo cinematografico.

Capodanno 1995: su un pianoro poco distante dal borgo di Case Rosse, piccolo paese arroccato sulle pendici dell’Appennino tra Modena e Bologna, ai piedi di una stele funeraria a ricordo di alcuni martiri caduti in guerra vengono ritrovati tre corpi: una famiglia orribilmente distrutta. Ad indagare, l’investigatore Serra, che ricopre il ruolo di sostituto commissario nel piccolo paese e che dovrà confrontarsi non soltanto con la strage appena scoperta ma anche, e soprattutto, con i fantasmi di un passato drammatico con cui il borgo di Case Rosse ancora non ha trovato modo di fare pace.

I personaggi in azione sono presentati con destrezza e abilità narrativa, attraverso un’attenta selezione dei dettagli e limando la parte descrittiva sino ad ottenere un mix perfetto che, pur guidando il lettore nella giusta direzione, lo lascia libero di sviluppare le proprie doti immaginative creando da sé volti, luoghi e ambientazioni che nella descrizione secca e precisa di GPasini risultano dipinte a tratti precisi, di acquerello ben teso, e particolarmente evocative. Si pensi alla piazza principale del borgo, avvolta dalla nebbia e illuminata a stento da qualche lume giallo e dalle luci fioche che provengono dalle vetrine dei pochi esercizi commerciali che affacciano sull’acciottolato e sulla statua dell’angelo della morte, vendicatore dei martiri caduti in guerra, che domina, con il suo nero profondo, l’antico quadrilatero.

Nonostante gli evidenti influssi della narrativa straniera, da Connely a Larsson, “Venti corpi nella neve” è un noir dalle profonde radici italiane, fortemente contestualizzato e caratterizzato nei particolari (evidente la cura bibliografica sottesa alla narrazione); paga certamente quel debito che l’autore, come dichiarato nelle numerose interviste, dichiarava di avere con la propria famiglia, anch’essa in qualche modo vittima delle “stragi minori” avvenute nell’ultimo anno di guerra, nel timore che la morte dei protagonisti e lo scorrere del tempo possano portare ad una riscrittura della storia poco veritiera, e con la propria terra di origine, che l’autore definisce concretamente non soltanto attraverso le descrizioni paesaggistiche ma anche attraverso le tradizioni culinarie e l’uso delle varianti regionali della lingua.

Un romanzo di esordio vivo e brillante, acuto. Autoconclusivo nella narrazione, strizza tuttavia l’occhio a un sequel che speriamo non tardi ad arrivare.