Chi siamo (e come funziona)

Guardate, spulciate, leggete a piacere: qui si scrive per voi. Di libri.
Di cosa avete bisogno? Un thriller da leggere sotto l'ombrellone? Una commedia di raffinato humour per il fine settimana in campagna? La lettura di quel certo testo che vi incuriosisce tanto (ma che ancora non avete osato acquistare) deve essere di necessità attenta e scrupolosa oppure può adattarsi anche alle cinque fermate di metrò, il tragitto che tutti i giorni percorrete per andare al lavoro?
Qui, di opere, ne troverete alcune. Lette e poi schedate per "modalità di lettura" (veloce, lenta, frazionata, continua...); utilizzando le etichette cercate quella che più vi piace, quella che più sentite vostra, quella che più si adatta alle vostre esigenze del momento.
Perché, non temete, c'è sempre un libro giusto al momento giusto. Conclusa l'opera, tornate qui: per ogni libro consigliato viene pubblicata una banale guida alla lettura, senza pretese. Si tratta solo di alcune note che si spera possano esservi di aiuto per approfondire, magari solo in parte, le scelte stilistiche dell'autore, i legami sottesi alla trama, la psicologia dei personaggi.
Quindi... Buona lettura! E se avete domande, complimenti, stroncature terribili ... scrivete! info@appuntidicarta.it ADC risponderà a tutti! (O almeno, farà del suo meglio). Trovate ADC anche su Twitter.

Bio: ufficialmente, ADC è una delle tante invisibili e silenziose figure che popolano il vario mondo delle CEO's PA.
Di solito quando non lavora (ma anche - ogni tanto - quando lavora: il suo capo è uno comprensivo) legge.
Siccome ha studiato il greco antico per dieci anni, non disdegna qualche capatina nella filologia classica, se l'occasione lo richiede.

lunedì 27 febbraio 2012

"22/11/'63", di Stephen King

More about 22/11/'63 Ovvero: King per chi non ama King. 
Con un coup de théâtre affascinante e intenso – e diciamocelo, sufficientemente spiazzante per tutti i suoi lettori, da qualche tempo un po’ critici rispetto alle sue ultime opere, giudicate un po’ fiacche - SKing mischia le carte e illumina non soltanto i suoi fans ma anche chi, suo fan, non lo è mai stato, con ciò che prima d’ora gli era rimasto intentato: il romanzo storico 

Una delle poche volte forse in cui un autore di chiara fama, in mancanza di idee fresche e dirompenti “di genere”, riesuma e rispolvera dal cassetto un manoscritto dimenticato da anni e ci fa pure centro.  
Il progetto difatti, secondo quanto lo stesso King afferma nelle recenti interviste, risale al 1973 ma vuoi per la materia ancora troppo fresca per essere affrontata con il necessario distacco, vuoi per gli impegni lavorativi pressanti che avrebbero inficiato la poderosa impalcatura di ricerca bibliografica e iconografica che indubbiamente sta alla base dell’opera e la rende quella che è, lo scrittore abbandonò l’impresa chiudendo nella credenza idee e manoscritto. Per poi riprendere tutto in mano, dopo più di vent’anni.  

King scommette su se stesso e si reinventa: puntando esplicitamente su un’audience più vasta, in parte diversa dallo zoccolo duro dei fans che lo sostengono da più di 20 anni, attraverso la scelta di un genere mai affrontato prima si offre a un pubblico sì diversificato, ma che si identifica nelle sue peculiarità proprio attraverso l’opera, un “romanzo americano” che contiene in sé la formula del risultato vincente: 1. la thriller-fiction, 2. contestualizzata in un passato storicamente determinato, non troppo lontano, 3. ben raccontato da chi scrive (“parla di ciò che conosci e sarà un successo”), 4. ben presente nella memoria di chi legge (idem come sopra).  

Tutto è escamotage per tutto, economicamente utile alla struttura del romanzo che in questo modo si costruisce su se stessa e attraverso se stessa, e si compone dall’interno:  
  • l’analisi storica – ci si confronta niente meno che con l’assassinio di JFKennedy – è nutrita da una ricostruzione minuziosamente approfondita di tutto quanto occorre conoscere per misurarsi con un simile evento, dai movimenti di Lee H Oswald e famiglia nel corso degli anni e dei mesi precedenti alla tragedia, al ruolo dell’FBI, alla situazione dell’economia interna e della politica internazionale, e si appoggia a una:  
  • contestualizzazione supportata da una conoscenza particolareggiata, mai solo “di genere”, dell’America degli anni ‘50 e ’60; territorio privilegiato e approfondito più volte da un King che ha dalla sua l’appartenenza anagrafica all’epoca di cui sopra e che quindi ha il merito di creare un'ambientazione scevra di qualsiasi tipo di idealizzazione. Ambientazione all’interno della quale a sua volta viene inserita:  
  • la vicenda chiaramente fittizia di Jake Epping che introduce la parte più marcatamente “Kinghiana” del romanzo: il fascino per la fantascienza (con esplicito omaggio a Jack Finney di “Indietro nel tempo”), per l’horror e per l’ignoto. Evidenti, perché disseminate ad arte lungo tutta l’opera, le più chiare impronte tipiche dello scrittore: il fascino per le atmosfere lugubri (il suono metallico di una catena di ferro che delimita un campo all’apparenza vuoto e incolto, che ondeggia nel vento torrido di un’estate di pianura; l’agorafobia che prende protagonista e lettore di fronte all’edificio malefico, buchi di occhi vuoti al posto delle finestre, da cui LHOswald premerà il grilletto; il buio di muffa e ossa nel cavo di una ciminiera adagiata a terra, crollata sotto il peso degli anni e dell’orribile) e l’horror più classico di sangue e violenza.  
E’ programmatica la dichiarazione anti-ucronica di King, che questa volta si chiama violentemente, a nostro parere, fuori dalla questione. J Epping si affaccia al mondo dell’ “e se”. Ma giusto per un capitolo. Lo scrittore non si sofferma su nulla in più del necessario: pochi tratti per il paesaggio, qualche pennellata per identificare un gruppo di personaggi minori, un paio di pagine per l’ambientazione esterna e interna. 
Come a dirci, un po’ per gioco un po’ sul serio, cantilenando, che, per questa volta, ahinoi un universo parallelo non ci sarà – malgrado la sua indiscussa bravura nella fiction di genere (abilità che in questo modo ribadisce chiaramente, attraverso il togliere piuttosto che il mettere) e le aspettative del lettore. Facciamocene una ragione.  

Ragione che, comunque, c’è. Per quanto riguarda l’omicidio Kennedy King appoggia dichiaratamente l’ipotesi del gesto solitario, negando quindi tutte le tesi, più o meno fantascientifiche, relative ai sospetti complotti tesi da CIA, FBI, servizi segreti, ufo da Marte, per l’eliminazione del Presidente.  
Si pensi allo scritto di Normal Mailer “Il racconto di Oswald” che King, in postfazione, indica giusto come uno dei testi su cui maggiormente ha lavorato nel corso della stesura dell’opera:  
“Se una tale non-entità ha distrutto il leader della più potente nazione della Terra – chiosa Mailer – allora un mondo di sproporzioni ci avviluppa, e viviamo in un universo assurdo”.  

Il segreto, per King, è ancora una volta l’orrore che ci circonda ma – anche qui – King distrugge con un improvviso e inatteso colpo di coda le aspettative del lettore: non è più l’orrore, come avviene invece nei suoi romanzi “di genere”, a entrare prepotentemente, ed inspiegabilmente nella realtà del quotidiano.  E’ la realtà stessa a esserne permeata, in ogni suo aspetto.  
Ecco perché King ci fa molta più paura, adesso. 

Ps & NB: doverosa nota di merito per la traduzione, a opera di Wu Ming 1, che tanta parte ha, a nostro parere, nel successo dell'opera.

giovedì 16 febbraio 2012

"Sorella morte", di Bruno Agostini


More about Sorella morte Chissà se un giorno avremo la fortuna di ritrovare tutti i compagni di viaggio che abbiamo incontrato tra le pagine dell’Iliade Napoletana.  

Nessun protagonista principale, nessun narratore esterno onnisciente, ma una serie di comprimari e di punti di vista interni multipli che danno voce a una coralità composita di arte e teatro 
Il parallelo con il poema omerico, fatte le debite, ovvie e sostanziali differenze, evidenzia la similitudine di struttura (canti / interruzione di sezione) e una certa consonanza nelle modalità di fruizione del testo, a tematiche e sottotematiche stratificate.  

La struttura ad interruzione di sezione, che porta a frequenti cambi di scena – che aumentano con rapidità esponenziale a mano a mano che la narrazione si avvicina al climax della conclusione, consente la focalizzazione sui diversi filoni narrativi che compongono l’opera, collegati l’uno all’altro da uno, o più personaggi interni alle vicende:  
  • le indagini a tutto campo dell’ispettore di Polizia Carmine Bonocore, impegnato, insieme ai colleghi e ai superiori, nella lotta all’Organizzazione ma anche nella risoluzione di quotidiani (ma non troppo) casi di cronaca, tra cui la vicenda inquietante della sparizione di Attilio De Rosa, maestro di scuola, vittima a quanto pare di un sequestro di matrice satanica e la cruenta esecuzione di due manovali extracomunitari collegata molto probabilmente a un regolamento di conti avvenuto nell’orribile mondo del traffico illegale di organi e nella tratta degli schiavi-bambini  
  • le vicende dell’Organizzazione stessa, guidata da Don Alvaro Spasiano, sovrano iracondo a cui fa capo tutta una serie di protagonisti di minore o maggiore rilievo, dalla manovalanza Chiattillo / L’Afgano a Donna Lisetta Gargiulo la cui figura, in questo ultimo volume, diviene economicamente utile per l’introduzione del filone “iberico” della narrazione, anche qui composta da più comprimari a far da specchio alla realtà italiana:  
  • le forze di Polizia locali, esemplificate da Francisca Vidal de La Cuesta, Evaristo Melina e Antonia “Ana” Gil - che a sua volta, attraverso il piccolo Manuelito, ripropone il tema dell’immigrazione illegale e del commercio di organi e di bambini – presentano al pubblico, fedeli contrappunti alla realtà italiana, i maggiori esponenti della malavita peninsulare: Aingeru Alarte e Riccardo Restepo
  • e poi, a far da cornice, tutta quella serie di vicende secondarie, un po’ comiche, un po’ tragiche, un po’ grottesche, a volte drammatiche, che hanno il merito di offrire una caratterizzazione vivida dei personaggi che completa, definendoli, spessori e profili: Carmine Bonocore alle prese con tragiche crisi di coppia (rigurgito extraconiugale incluso) fomentate da un primo figlio infante che di dormire e di star zitto per due ore di seguito neanche se ne parla e mitigate da una serie di sedute psichiatriche che ci fanno all’improvviso compassionevoli, data la caratura del paziente in esame, verso tutti i terapeuti del mondo, nessuno escluso; Domenico Ferrante, il libraio antiquario, chino a spolverare libri e dolori di affetti perduti tra rimorsi e rimpianti; Vittorio Camporesi, giornalista di talento vittima dalla cocaina e dal mal di vivere; il nobile e ricco notaio Federico Hemmerlink che, chiuso nel suo palazzo dal passato glorioso e dal presente vetusto, tra broccati e marmi di pregio si diletta nella sottile arte dell’occulto, e forse non solo in quella. E, infine, la nostra bellissima Elena Alliuto, che tanta parte ha avuto, e ha tutt’ora, in più di una delle vicende narrate.  
Il mondo dell’Iliade Napoletana non si limita soltanto all’opera di fantasia. E’ una narrazione profondamente radicata nel territorio e nel tempo e quindi, proprio per questo, si trasforma in un certo qual modo in un’opera didattica. l’Iliade Napoletana, come accade per ogni opera letteraria correttamente contestualizzata, non è solo narrazione di fantasia: è finestra aperta su quelle oggettive e reali sostanzialità spazio-temporali che la strutturano dall’interno (ne avevamo parlato anche con "Re di Bastoni, in piedi", altro incredibile esempio di “letteratura partenopea” di recentissima pubblicazione e ottimo successo).  La tradizione culinaria e la cucina regionale, la lingua e l’espressione dialettale, la ritualità della religione popolare che scivola spesso nella superstizione e nel misticismo e, ahimè, anche la malavita nelle sue più scure e declinate caratteristiche, identificano, senza errore, una marcata regionalità, tutta italiana, che lungi dallo sminuire il testo, lo esalta nelle sue peculiarità letterarie.